L’ALGORITMO HA PRESO IL CONTROLLO: Il feed è il suo tempio virtuale e noi le sue vittime – benvenuti nei social 2025
Algoritmi e controllo sociale Dimentica lo shopping come lo conoscevi. Dimentica i pomeriggi nei negozi e l’adrenalina delle vetrine che gridano “novità”. Benvenuto nell’era dello scroll shopping: un rituale che ha trasformato la nostra voglia di scoperta in un’ossessione algoritmica. Non c’è più spazio per l’autenticità, solo un feed infinito che ci addestra, un labirinto di stimoli dove ogni swipe è un atto di sottomissione.
Non compriamo più oggetti: compriamo storie pensate a tavolino per addomesticare la nostra volontà. Ogni like è un micro-contratto che ci lega a un sistema vorace. Ogni visualizzazione è un inchino all’algoritmo che ci conosce meglio di chiunque altro—meglio di noi stessi. Non siamo più consumatori, ma bersagli in un tiro al bersaglio digitale: pattern biometrici, comportamenti tracciati, desideri previsti e modellati in tempo reale.
Dal negozio al feed: il nuovo teatro dell’illusione
Il feed non è più un luogo di scoperta. È un palcoscenico dove si recita la farsa della “libera scelta”, mentre dietro le quinte l’algoritmo orchestra la regia. L’influencer non è più solo un volto patinato, ma il nuovo confessionale dove riversiamo debolezze e insicurezze. Più il contenuto sembra autentico, più è stato progettato per manipolare la nostra attenzione.
La verità brutale? Non stiamo comprando oggetti, ma versioni aggiornate di noi stessi.
Il micro-influencer da 50.000 follower è il nostro nuovo specchio deformante: ci promette un’identità più luminosa e “in linea con il brand”, mentre in realtà vendiamo la nostra anima in cambio di un’identità che non ci appartiene.
Scroll shopping: la merce siamo noi
Instagram e TikTok non sono più semplici piattaforme social: sono supermercati emotivi, centri commerciali di narrazioni prefabbricate. Qui non compriamo con i soldi, ma con la nostra attenzione e la nostra identità. Ogni visualizzazione è una moneta, ogni interazione un frammento della nostra immaginazione sacrificata. Le metriche—visualizzazioni, interazioni, conversioni—sono diventate la nuova moneta dell’identità.
Più scorriamo, più ci dissolviamo in una narrazione collettiva che ci consuma. Più pensiamo di scegliere, più siamo scelti. L’illusione di libertà è la catena più solida: più ci sentiamo partecipi, più siamo manipolati. E così, scroll dopo scroll, diventiamo semplici profili da vendere al miglior offerente.
Il paradosso: algoritmi e controllo sociale o ottimizzazione?
Ecco il paradosso più oscuro: più ci sentiamo vicini ai creatori, più siamo manipolati. Più la storia sembra autentica, più è stata ingegnerizzata per catturare la nostra attenzione. L’algoritmo ha imparato a parlare la lingua dei nostri desideri più nascosti: la nostalgia, l’ansia, la voglia di appartenenza. Ogni swipe è un passo più vicino all’oblio di noi stessi.
Il feed è il nuovo tempio. Lo scroll è il nostro mantra. La nostra attenzione è la merce più preziosa. E ogni live, ogni diretta, ogni vendita è uno spettacolo che recitiamo inconsapevoli. La nostra esistenza? Un copione scritto dalle piattaforme, una performance algoritmica che non ci appartiene.
algoritmi e controllo sociale: decodificare, smantellare, reclamare
Finché continueremo a cercare noi stessi nello schermo, continueremo a comprare identità che non sono mai state nostre. Il primo atto di resistenza è svegliarsi: decodificare la trappola, smantellare l’algoritmo e reclamare la nostra mente.
Non lasciarti sedurre dall’estetica dello scroll. Non lasciare che la tua attenzione diventi la merce di qualcun altro. Smettila di scrollare per un attimo, e chiediti: chi sta davvero scegliendo?
La conclusione? Non esiste—perché stai ancora scrollando.